Chiudi gli occhi. Poi li apri e sullo schermo c’è Beth Harmon bambina. Sguardo fisso nel vuoto, bocca sigillata. Sarà la stessa faccia che la protagonista de La Regina degli Scacchi, attualmente disponibile su Netflix, avrà per il resto delle sette puntate. Una mini serie, la più vista il 28 ottobre scorso sulla piattaforma americana, che ha come protagonista Anya Taylor-Joy. L’attrice di sguardi particolari, gli stessi che nei panni della Harmon rivolge ai suoi sfidanti, ne sa qualcosa. Basti ricordarla nel ruolo di Gina in Peaky Blinders. O nel film Emma (2019). Questa volta il suo viso è ancora più perfetto per nascondere il genio e la rabbia, la logica e i tormenti della protagonista. Un personaggio che è frutto della mente di Walter Tevis, scrittore statunitense. Il suo The Queen’s Gambit (questo il titolo originale, dal nome di un’apertura nel gioco degli scacchi) risale al 1983, oggi solo un altro dei suoi libri messi su schermo. Tratta il tema a lui caro dell’alcolismo dietro la storia di Beth, La Regina degli Scacchi, unica donna in un gioco dominato da uomini. Ma sullo sfondo c’è anche quello strano senso di solitudine, che nel romanzo e nella serie è soprattutto femminile.
La Regina degli Scacchi, ossia Beth Harmon
La Regina degli Scacchi ruota attorno alla figura di Beth Harmon. La si conosce quando ha 8 anni, ospite di un orfanotrofio. Silenziosa, muso lungo e occhiaie scure: il suo senso di solitudine esistenziale è evidente. Ossessionata dal ricordo delle lacrime della madre, dalla vaga immagine di un padre mai conosciuto, è negli scacchi che trova comprensione, una via d’uscita. Nessuna persona, ma solo quella complicata scacchiera, per lei molto più semplice di qualsiasi rapporto con un essere umano. La vede per la prima volta nel seminterrato, dove, solitario, ci gioca Mr. Scheibel. La riproduce nella sua mente durante la notte, sotto l’effetto di tranquillanti. Negli Stati Uniti a quei tempi, anni Cinquanta e Sessanta, venivano dati ai bambini per tenerli calmi. Le pillole verdi che diventeranno una dipendenza, così come l’alcol, anche quando sarà più grande. Perché nemmeno quell’essere tutt’uno con gli scacchi riesce a compensare (inizialmente?) il grande vuoto che Beth Harmon ha dentro.
L’amore e il vuoto che resta
La stessa dinamica di solitudine si presenta per la protagonista de La Regina degli Scacchi anche quando appaiono sullo schermo i vari uomini della sua vita. Era curiosa di quei baci che vedeva coinvolti giovani più grandi di lei già ai tempi dell’orfanotrofio. In realtà poi per Beth i primi approcci alla tenerezza e al sesso hanno un sapore strano. La sensazione che niente possa toccarla fino in fondo. Beth è Beth e nessuno arriva alla sua mente, figurarsi al suo cuore. E’ gentile nei modi con chi le ronza intorno. Vanno a letto insieme. Lei tuttavia sembra impassibile: “Quando finisci?”, chiede all’universitario biondo che la penetra, inconsapevole che il vero piacere è quello altrui, quello di Beth. Ma il sesso a volte non è frutto di complicità e coinvolgimento, né tanto meno fonte di compagnia. Forse l’esatto contrario: una porta sulla desolazione. Non è un difetto della Regina degli Scacchi. Solo la cecità di chi pretende di capirla e semplicemente non può farlo.
La Regina degli Scacchi non è l’unica donna vittima della solitudine
La serie Netflix La Regina degli Scacchi e il romanzo da cui è tratta esplorano ancora tra le righe il tema della solitudine femminile. Quando ha 13 Beth Harmon viene adottata da una coppia. Lui, un uomo freddo, si nasconde dietro la lettura di un giornale. Lei, Alma, una donna che ha un evidente bisogno di amore. Il marito non la vede nemmeno in quel suo dolce, profondo toccarsi le corde dell’anima quando suona il piano. Così la nuova madre di Beth per venir meno a quelle carezze mancate si affida a bicchieri multipli di margarita e squallide lattine di birra, a lacrime disperate a letto alleviate dalle stesse pillole verdi di Beth. La vita non è perfetta dentro le perfette case americane. Ne è un esempio anche Margaret, la compagna di scuola di Beth. Dietro i suoi capelli impeccabili e il ragazzo che la bacia con passione si nasconde lo stesso strano senso di solitudine. Beth la incontra dopo qualche anno, i capelli sempre impeccabili e una fede al dito. Parla di come dopo la scuola sia arrivato il matrimonio col ragazzo di sempre e poi la benedizione di una figlia. Ma nella parte bassa del passeggino è tutto un tintinnare di bottiglie. Forse nemmeno un percorso lineare è la strada per una vita felice.
“Gli scacchi non sono sempre competitivi. Possono anche essere belli. La prima cosa che ho notato è la scacchiera. Un mondo intero di sole 64 caselle. Mi sento salva lì dentro. Posso controllarla. Posso dominarla. Ed è prevedibile, così se capita di farmi del male, ho solo me stessa da biasimare.” Beth Harmon, La Regina deal Scacchi
Lo scantinato solitario, l’unico posto in cui c’è l’amore
Ne La Regina degli Scacchi il posto considerato tra i più squallidi del mondo emerge come quello che contiene più amore, in ogni senso. Non il letto a baldacchino della nuova casa di Beth, né il matrimonio che si presume splendido di Margaret, ma il seminterrato dell’orfanotrofio. Dove Mr. Scheibel, il custode, passa il suo tempo libero a giocare a scacchi, dove Beth vede per la prima volta quelle 64 caselle e ci trova qualcosa di unico. E’ vietato andarci per i bambini orfani, se non per liberare le cimose dal gesso. Lì ci son solo strumenti di lavoro di un uomo solitario e un uomo solitario, Mr Scheibel, appunto, che gioca un gioco solitario. Colui che insegnerà a Beth quelle prime, fondamentali mosse che sono anche una lezione di vita. Lei le porterà con sé, ormai ventenne o giù di lì, anche nelle partite a Parigi e Mosca. E lui, nel frattempo, proprio in quel piano sotto terra raccoglierà i successi di Beth: le notizie sulle sue vittorie a scacchi. Strette in un angolo, al riparo dal chiasso del mondo. A volte è nei posti più improbabili che si trova il sale, il gusto, il senso vero della vita. Che trova pace quello strano senso di solitudine.