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In principio era il caos.

A me scrivere è sempre piaciuto. Forse è stato un metodo per contrastare la solitudine, o semplicemente per parlare con qualcuno che non fosse un mondo che non mi capiva. E quindi scrivevo, scrivevo dappertutto. Foglietti, quadernini (persi e mai ritrovati – Dio li abbia in gloria), carta strappata da un libro di scuola, vecchi diari abbandonati a prender polvere nella mansarda di nonna: ecco dove finivano i miei pensieri, le considerazioni sul mondo e le paure dell’adolescenza. Di una cosa però son sempre stata certa: i pensieri son la cosa più cara che abbiamo. Poiché durano un secondo, vanno riportati in fretta e poi sviluppati con calma. Non possiamo abbandonarli a carta biodegradabile scritta con matita altamente cancellabile. No.

Già, in principio era il caos, poi arrivò la tecnologia.

Grazie ad essa tutto è ordinato e al sicuro: i documenti salvati sull’hard disk, le note sull’iPad, l’iPhone e, soprattutto, la possibilità di crearsi un blog. Luogo ideale dove annotare (perché ovviamente esiste anche la app per il cellulare), sviluppare e diffondere celermente quei fulminei pensieri, offre la possibilità di legare ad essi foto e video, nel caso le sole parole fossero incomprensibili ai più. Notavo con curiosità il proliferarsi di questi fenomeni: «fichi», pensavo, ma io non ci capivo un cazzo. Tuttavia con la ricerca Google avevo, e ho, un’ottimo rapporto e così trovai presto i consigli di svariati blogger. Infatti il web brulica di esperti che scrivono trattati su come creare un blog, quale piattaforma preferire, perché crearlo e tutti i più impensabili consigli agli aspiranti blogger (per chi si vuole informare al riguardo, ecco un ottimo articolo della “Dirty Work” web agency di Cagliari: “Cosa sono i CMS“).

A me scrivere è sempre piaciuto. Forse è stato un metodo per contrastare la solitudine, o semplicemente per parlare con qualcuno che non fosse un mondo che non mi capiva.

Forte di tanto sostegno (nella vita reale forse non ne ho mai avuto tanto) decisi di iniziare la mia avventura online. Per cui la formula si trasformò in questo:

In principio era il caos e poi fu il blog.

Un anno è passato e io festeggio i miei pensieri digitalizzati. Se sono diventata una blogger? Non lo so, però qualche consiglio ve lo posso dare. Prima di tutto niente deve capitare per caso, che è esattamente quello che feci io. Il pallino del blog mi tormentava da tempo, ma come momento ideale per partorirlo scelsi la mia quarantena da broncopolmonite. Così, stordita e abbastanza fatta di antibiotici, mi diedi alla creazione materiale del blog, senza uno schema preciso o un’idea sulla grafica. Non rispettavo le parole d’ordine:
  • programmare;
  • avere un tema definito;
  • targetizzare.

In realtà di queste tre obbedivo solo alla seconda, ma tratteremo questo argomento nella prossima puntata.

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Per il resto, per essere una blogger, bisogna solo essere scemi abbastanza da voler scrivere cose serie in modo ironico; da voler spezzare ciò che ferisce dentro con frasi spiritose. Così la gente ride e pensa “che pazza Daniela!”, “Ilaria è pure più folle” e non vede quanta amarezza si cela dietro scritti come “Voglio il conto in Cina” o “Les miserables”, la massima espressione del fatto che, specialmente al Sud (come diceva saggiamente qualcuno), è molto difficile slegarsi dalle paure che ti impartiscono da bambino, insegnandoti a non sognare.

Ma a sognare bisogna imparare, perché per diventare blogger bisogna anche saper guardare a cosa e quanto il tuo blog può servire: guadagnare (mmh); mettere in mostra le tue capacità; raccontare le tue avventure sperando che qualcuno ci rida su; criticare ciò che hai sempre odiato rischiando una denuncia; raggiungere chi la pensa come te e sentirti finalmente “capita”, come accadde con Alessandra; o semplicemente esprimere il malessere interiore (possibilmente evitando di deprimere il prossimo).

In me è proprio quest’ultimo punto a premere. In fondo, qual è il motivo per cui son stati scritti tanti libri? Perché le persone sentono il bisogno di scrivere? A cosa serve mettere nero su bianco i propri pensieri?

In me è proprio quest’ultimo punto a premere. In fondo, qual è il motivo per cui son stati scritti tanti libri? Perché le persone sentono il bisogno di scrivere? A cosa serve mettere nero su bianco i propri pensieri?

Scrivere è stato da sempre un modo per esorcizzare, per svuotare la mente riempendo le pagine e, contemporaneamente, il cuore di gioia. “Scrivi in modo forte e chiaro ciò che fa male”: ecco cosa diceva Hemingway. Ed è inequivocabile che questo servisse come catarsi allo scrittore e a riconoscersi in quel dolore, in quelle emozioni tristi al lettore.

Ok, io purtroppo non sarò mai Hemingway e nemmeno una scrittrice. Tuttavia, la scrittura, al pari della lettura, mi è sempre servita come rifugio, come mezzo per custodire i miei pensieri che, tuttora, non vengono capiti altrove. Il mio modo di conservarli non è stato scrivere un libro: purtroppo non sarei in grado. Certo, mi sarebbe piaciuto girare per i mari con una macchina da scrivere; e anche, stile Arturo Bandini, andare a spasso con un taccuino nella tasca della giacca, sedermi in un bar a L.A. e fingermi assorta a cagare un pensiero. Io, però, appartengo all’era tecnologica e qui certe cose son considerate obsolete. Qui l’ispirazione sarebbe interrotta dal selfie di turno da postare su Facebook con scritto: «Fottetevi tutti». Eppure manifesto il mio rispetto per la tradizione portando sempre con me una Moleskine (in borsa, però, ché a tenerla in tasca mi sentirei disonesta per l’inevitabile effetto seno grande), ma non basta come cassaforte.

La soluzione per i miei pensieri l’ho trovata, appunto, in uno spericolato blog. Spericolato perché se ne sbatte di fare concorrenza; perché non guarda alla massa, ma si è dimostrato essere un po’ di nicchia; perché è piccolo e cattivello, per distinguersi dagli altri. Un blog non ordinario: semplicemente la mia casa e quella di chiunque si riconoscerà in esso.

Per cui, non mi resta che dire:

Buon compleanno, Controvento!

E voi, cari lettori di una blogger, vi siete mai riconosciuti nelle storie di Controvento (Racconti di Incontri)?

ps: le foto, scattate al Peek-A-Boo di Cagliari, son della bravissima Silvia Todde e anticipano una nuova sezione di Controvento che inaugureremo a breve. Provate a indovinare di che si tratta.

pps: questo post non si autodistruggerà nei prossimi 5 secondi, ma avrà un seguito con nuovi consigli e curiosità. Chi ci sarà?