Scriveva George Orwell nel suo 1984: <Vi si producevano giornali-spazzatura che contenevano solo sport, fatti di cronaca nera, oroscopi, romanzetti rosa, film stracolmi di sesso e canzonette sentimentali>. E’ forse la migliore definizione di letture, e altre produzioni “artistiche”, leggere. Ed è, quindi, ciò che si contrappone a “Leggete libri difficili”, una frase semplice, ma efficace, lezione dal Salone del Libro di Torino, conclusosi domenica scorsa.
Son tante le cose che si imparano al Salone del Libro di Torino. Il senso del sacrificio mentre si sta in fila per un evento. Lo spirito di sopravvivenza quando si va alla ricerca di un tavolo per un pranzo frugale o nella lunga attesa per un bagno. Si comprende anche che la vita è un vagare affollato alla ricerca di qualcosa che ci stritoli il cuore, come quel libro che ti conquista a fine giornata. Soprattutto, si impara la voglia di rivelazioni, quelle parole che diano il la al violino dei pensieri. E il 2019 non ne è rimasto orfano. Al Salone più culturale d’Italia è stata una frase molto semplice a scatenare l’inferno di riflessioni: “Leggete libri difficili”.
Son tante le testimonianze che si possono portare dal Salone del Libro. Scegliere questa è un atto di responsabilità e, forse, follia. Ma alla fine dell’articolo, ne sarà valsa la pena.
Leggete libri difficili: chi, come, quando
“Leggete libri difficili”: tre parole, il senso infinito di una verità che si palesa. A pronunciarle è stato Massimo Manca, professore associato di lingua e letteratura latina all’Università di Torino. Era un momento di concitazione: la Sala Viola doveva passare a nuove letture, nuove pagine e carta stampata. Il latinista aveva appena finito di presentare il libro dell’attore Roberto Herlitzka, “La natura di Tito Lucrezio Caro”, edito da La nave di Teseo. Usciva quel giorno, sabato 11 maggio. Ma i versi, la storia di quel libro rimbombano ancora oggi tra le pareti di Lingotto Fiere. Si tratta, infatti, della traduzione in terzine dantesche di De Rerum Natura di Lucrezio. Complicato, vero? Lo è ancor di più se si pensa che l’autore, che non è un linguista, è stato guidato solo dalla sua passione per la poesia e per Dante.
Una lezione dal Salone del Libro
Alla fine di quell’ora già carica di scoperta e stupore, di musicalità e poesia, le parole di Massimo Manca, “Leggete libri difficili”, hanno come bloccato l’aria. Nei petti delle persone che raccoglievano le loro cose, sorridevano e si preparavano a lasciare la sala, il respiro ha fatto una pausa. “Leggete libri difficili”: una trappola per l’ossigeno, gli occhi che si aprono in un’espressione di smarrimento prima di cogliere l’illuminazione. <Leggete libri difficili, come questo, libri che siano più alti di voi-, continua Manca, -Libri che elevino gli atomi sottili della vostra anima>. E’ un invito a nobilitarsi, a capire che si può avere di più della miseria spirituale alla quale un mondo frivolo ci abitua pericolosamente. Un po’ lo stesso avviso di Charles Bukowski che in “Quando eravamo giovani” spiega: <senza quei libri (Cechov, Shakespeare, Ibsen) non sono del tutto sicuro di cosa sarei diventato: delirante, parricida, idiota, buono a nulla>. Può darsi. Perché specificarlo, in quella stanza che si svuotava a malincuore?
<Leggete libri difficili, come questo, libri che siano più alti di voi-, continua Manca, -Libri che elevino gli atomi sottili della vostra anima>.
Contro la classifica dei bestseller Amazon, Leggete libri difficili!
“Leggete libri difficili” è di una semplicità disarmante e, allo stesso tempo, un’arma potentissima. Il professor Manca l’ha usata dopo aver elencato i libri più comprati su Amazon nella settimana del Salone. Al primo posto, e non deve sembrar strano, c’era quello su Matteo Salvini (oggi è quarto, preceduto e seguito principalmente da frivolezze).
Al dilagare dell’ignoranza si può rispondere meglio che con la cosiddetta “censura”. Basta leggere libri difficili. Quelli che, quando non si capiscono, si leggono un’altra volta. Quelli che costringono il cervello a pensare. Una mente prona al ragionamento, è una mente forte. E allontana ciò che è insipido, privo di spessore o di un senso più alto. Quel senso che è la chiave per sciogliere i nodi del mondo. Per trovare quella verità che è <più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano>, come la definiva Gianni Rodari. E che solo nei libri si trova. Nascosta, ma non troppo, in quelli difficili.