Il ricordo di Antioco Casula Montanaru tra mostre e suggestioni multimediali. Rime e versi in sardo da vedere e ascoltare nel rione dei poeti
La luce che, alle 7 del mattino, scivola dolce sulle montagne di Desulo è poesia. E così gli anfratti, le rughe delle anziane in abito tradizionale, il suono del vento. Ogni cosa in questo paese è semplice e insieme magico. Sarà per questo che ha ispirato i suoi abitanti a scrivere insuperabili versi.
Infatti a Desulo tutti erano poeti, dalle madri che improvvisavano ninna nanne per far addormentare i figli, alle prefiche che cantavano i morti, dalle ragazze che lavoravano la farina improvvisando versi con la musica del setaccio, alle donne che intonavano canti con la musica del telaio.
Cantavano ambulanti e artigiani, e i pastori mandavano alle loro donne lettere in versi nelle quali raccontavano la struggente nostalgia della lontananza. E se Antioco Casula “Montanaru”, il più grande poeta in lingua sarda, è l’apice di questa ricchezza, centinaia sono gli autori di versi che la tradizione ancora ricorda, dai Frades Barracca, autori di una settecentesca disputa fra confessore e penitente, sino all’ottocentesco Cirigu Loddo “Manneddu”. Famiglie intere di poeti: i coinargios, Diegu, Antiogu e Giuanneddu; ai Fais “Crobu”, Bobbore, Marcu e Peppe. E poi il raffinato Don Salvatore Lay Deidda e i grandi Giuanni Frore “Su Tolu”, Barore Littarru “Ferruvia”, Michele Bassu “Cocco”, Peppeddu Liori “Su Liori”, Giuanni Peddio “Lirone”.
Donne e uomini erano tutti poeti, tanto che Desulo può essere considerato il paese della poesia. Una poesia che si è fatta canto, apologia, dichiarazione d’amore, denuncia. E che viene esaltata in occasione de La Montagna Produce, sagra di prodotti tipici e cultura del paese, dove, per quattro giorni, ci sarà poesia da vedere, da ascoltare, da scoprire.
Il simulacro di tutto ciò si individua nella casa di Montanaru, antico Ovolaccio, all’interno del quale si incentra quest’anno la sagra, che ogni anno viene ospitata da uno dei tre rioni storici del paese. A casa Montanaru vengono custodite religiosamente tutte le memorie del poeta, e con loro le testimonianze di quanti lo stimarono, da Ungaretti a Pasolini, i quali ne elogiarono la forza antropologica raccontata con struggente poesia. Qui ci sono i libri dei quali si nutrì, qui si gode del panorama dei monti, entrambi fondamentali nella sua ispirazione intellettuale. Perché la cultura è la capacità di interpretare il mondo e la poesia quella di metterlo in musica con le parole.
Ovolaccio era, rispetto a Issiria e Asuai, un rione più elegante, dove la poesia raggiungeva toni più lirici, come dimostrano i versi, oltre che di Montanaru, di Diegu Frore “Facci nieddu” e dei suoi fratelli. Per omaggiare Ovolaccio e i suoi cantori, nella casa comunale a fianco alla chiesa del Carmelo sorge il Museo Multimediale Montanaru. Mentre Salvatore Ligios ha voluto raccontare la poesia della Sardegna attraverso i ritratti dei suoi poeti contemporanei, che compaiono attraverso gigantografie esposte nelle vie del centro storico.
Infatti a Desulo tutti erano poeti, dalle madri che improvvisavano ninna nanne per far addormentare i figli, alle prefiche che cantavano i morti, dalle ragazze che lavoravano la farina improvvisando versi con la musica del setaccio
Il Premio Letterario intitolato al poeta Montanaru, giunto quest’anno alla sua ventisettesima edizione, è uno dei più longevi e prestigiosi dell’isola. Nove i premiati di quest’anno: tre per la poesia in lingua sarda, tre per la prosa e tre per la variante desulese. E mentre la giuria il 1 novembre premierà i vincitori, sembrerà di sentire ancora nelle viuzze di Ovolaccio i canti delle donne che tessevano al telaio e le nenie delle madri che facevano danzare sulle ginocchia i loro bambini per addormentarsi.
Canti per bambini che utilizzavano poi lo stesso ritmo, la stessa musica e la stessa metrica per i canti a ballo e per quelli delle prefiche. Perché il bambino diventa uomo con la danza e l’uomo si addormenta con il ritmo delle attitadoras, con un unico filo che rende simile la nascita alla morte attraverso la danza. Questo il segreto della poesia di Desulo: il lungo filo sottile che lega tutta l’esistenza a una musica dolce, in modo che la vita non sia mai troppo allegra e la morte poi non così tanto terribile, in quella rinascita continua chiamata poesia.