Sebastiana Casula di Desulo: il matrimonio non fa per me
Zia Soboa festeggia i cento anni viaggiando per il mondo
Un cappotto con pelliccia per racchiudere un fisico minuto. Sotto, il maglione dorato comprato dieci giorni fa in Provenza. Per lei l’aereo è un mezzo normale di trasporto, infatti. Zia Soboa tiene fra le mani un rosario lucente. Capelli bianchi cortissimi, un metro e cinquanta di vivacità, tutta riassunta in quella linguetta da furba: così ieri Sebastiana Casula ha salutato i suoi cento anni, con un occhio al prossimo viaggio.
In tour con la nipote a cento anni
Soboa è zia per tutti, non solo per la nipote Maria Luisa che da undici anni la porta ovunque con sé, soprattutto in vacanza. Questa ragazzina ha un secolo di vita, tanta voglia di scoprire il mondo e far sprofondare gli occhi nella bellezza di nuovi tramonti. <Mai sposata: la prigione del matrimonio non fa per me>. Parla un italiano perfetto, che usa con le persone che incontra per la prima volta. Il sardo per lei è qualcosa di intimo e raffinato, invece: la lingua che usa in famiglia e con la quale ha scritto bellissime poesie. Cariche di pathos, come quella per il cancro (finidda e fai issire e cine mese | semenanno dolores e tristura) e per l’acqua (non mi basta sa mente a foeddare | a cantu cosa’serbis po consolu). O piene di ironia, come quella per Berlusconi, su mannu erricone.
Una cantautrice di cento anni
E soprattutto c’è la canzone composta per alleviare la fatica di quando, appena ragazza, andava a raccogliere olive: nella tipica maniera delle donne desulesi, la cantava durante il lavoro. Ed è una di quelle cose che ricorda meglio oggi che un po’ di memoria sfuma. La canta a ogni nuovo cliente che entra nella trattoria di sua nipote, dove trascorre giornate intere seduta nella sua poltrona, a sorridere e fare battute, a nascondere nelle tasche bustine di zucchero che vorrebbe mangiare intere e non può. Regina del Gennargentu tra i panorami mozzafiato di Tascusì. Centenaria giovanissima, eterna bambina.
Una vita di lavoro
Nei suoi occhi, infatti, c’è tutta la curiosità di chi è ragazza, la saggezza di chi ha visto il volto duro della vita. Lasciò la sua Desulo appena ventenne per andare a Sassari, dove si dedicò all’agricoltura, poi ai lavori domestici e, infine, trovò impiego come agente di servizio alla facoltà di agraria: <Mi pagavano bene, altrimenti sarei andata via>, dice. Conosce gli affari, zia Soboa. Cerca di contrattare anche il prezzo per farsi fare le foto: <Tariffa oraria, se devo stare in posa oltre la mezz’ora voglio di più>, afferma seriamente, per poi scoppiare in una risata contagiosa che fa ridere di gusto tutte le persone che ieri son venute a portarle un fiore, darle un bacio per i suoi cento anni.
La canta a ogni nuovo cliente che entra nella trattoria di sua nipote, dove trascorre giornate intere seduta nella sua poltrona, a sorridere e fare battute, a nascondere nelle tasche bustine di zucchero che vorrebbe mangiare intere e non può. Regina del Gennargentu tra i panorami mozzafiato di Tascusì. Centenaria giovanissima, eterna bambina.
L’amore per il paese: Desulo, Sardegna
Ha vissuto in città per tanto tempo, ma <Desulo è un’altra cosa, non la cambio con niente>. Nemmeno con i pezzi di mondo che ha visto a partire dai suoi 60 anni, quando, una volta in pensione, è tornata in paese. Ha guardato sua sorella malata per tanti anni, ma ha trovato modo e tempo di viaggiare insieme a sua nipote. Venezia, Fatima, Lisbona, Montecarlo, San Marino, i santuari d’Italia, Gubbio, dove è stata due anni fa, per citare solo alcuni dei suoi viaggi. A fine settembre, invece, era a Barcellonetta, da lì a Cuneo, Borgomanero e Milano. <Ma la mia casa son questi monti>, ribadisce. Monti dei quali porta la tempra dura, la simpatia sincera.