Skip to main content

World Press Photo. La mostra itinerante per la prima volta fa tappa nell’isola

A Gavoi, da ieri, le opere dei finalisti del prestigioso concorso

Da oggi Gavoi è il centro del mondo. Il ghota della fotografia internazionale si riunisce infatti qui per la 61ma edizione del World Press Photo. Si tratta della più prestigiosa mostra di fotogiornalismo, il nobel della fotografia, che per la prima volta arriva in Sardegna e viene ospitata in un luogo particolare: Sa Caserma Betza di Via Sant’Antioco. Quello che era un tempo un posto di reclusione fino al 18 novembre vedrà con gli occhi della libertà. Ideata nel 1955 dalla fondazione omonima, questa esibizione mozzafiato ogni anno fa il giro del globo, passando per ben cento città e raccogliendo quattro milioni di visitatori.

Lo spazio

Gavoi, con i suoi 2 mila abitanti, concorre alla pari con le grandi capitali del mondo dove è stata finora ospitata. Se la contendono metropoli e nazioni: Gavoi è riuscita a portarla a casa. Nei tre piani della ex Caserma, una struttura bianca che spicca tra le case in granito del centro storico, si scivola in una spirale morbida e lenta che, con intuizione e armonia, porta per le varie stanze. Ed è un viaggio straordinario dentro la cronaca di frontiera, dalle strade affollate della Cina ai volti di chi vive i villaggi bioenergetici in Austria, dallo stiramento del seno in Camerun alla sindrome della rassegnazione che colpisce gli immigrati in Svezia.

All’interno, il cielo è un tavolato antico completamente bianco e una luce perfetta. Specialmente quando cade deliziosa su certe foto che sembrano quadri, come gli scatti puliti alle ragazze sfuggite a Boko Haram in Nigeria o alle giovani, tristi prostitute russe nelle loro stanze.

Jannas

Sono solo alcune delle oltre quaranta fotografie di foto-reporter provenienti da 22 Stati premiate ad Amsterdam tra gennaio e febbraio nell’ambito del concorso World Press Photo. A portarle a Gavoi sono state le geniali socie della cooperativa Jannas, partner ufficiale della fondazione olandese. Sostenute dall’amministrazione comunale e dalla Fondazione di Sardegna, son riuscite a compiere un piccolo miracolo in un piccolo posto che «offre le stesse capacità organizzative di un grande centro-, spiega Maria Giovanna Serusi di Jannas, insegnante e socia storica de L’Isola delle Storie, -C’è necessità di offerte culturali di un certo livello, come questa importante mostra fotografica, per chi questi territori li abita tutto l’anno, ma anche per migliorane l’attrattività».

E quest’ennesimo progetto internazionale a Gavoi sancisce ancora una volta che «anche un paese incastonato nelle montagne del Gennargentu vuole e può avere uno sguardo aperto sul mondo», afferma Giovanni Cugusi, sindaco di Gavoi, paese che affianca a un museo del Fiore Sardo e a uno etnografico, con giochi e abiti antichi, un festival letterario di respiro mondiale.

Abbiamo accettato la richiesta di buon grado: è davvero un bel posto, con un’ottima organizzazione, perfetto per accogliere le foto finaliste del concorso World Press Photo.

World Press

«Gavoi è indubbiamente uno dei posti più piccoli dove siamo stati-, dichiara Carla Vlaun, rappresentante della fondazione World Press e curatrice della mostra, presente ieri all’inaugurazione, -Abbiamo accettato la richiesta di buon grado: è davvero un bel posto, con un’ottima organizzazione, perfetto per accogliere le foto finaliste del concorso World Press Photo, tre per ognuna delle otto categorie, e quello parallelo che premia le migliori forme di visual journalism. É importante che anche dalla periferia del mondo si alzi un grido per la libertà di stampa, che la nostra fondazione vuole sostenere e tutelare».

Specchio del reale

Tutto si racconta nella mostra gavoese. Dalla violenza sulle foreste a quella sulle giovani donne vittime delle guerre, narrate con singolare crudezza dall’immagine di una ragazza sfregiata nel volto da una bomba e costretta per tutta la vita a vagare con il volto coperto da una maschera. Dalla natura violentata dai rifiuti alle tribù della valle dell’Omo violentate dal turismo. Non ci sono solo tragedie in questa mostra, ma anche grandi esempi di speranze per il futuro: gli orfanotrofi per gli elefanti in Kenya e le ragazze islamiche alle quali finalmente si insegna il nuoto a Zanzibar. Bene e male insieme per una fotografia che è specchio del reale.